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Art 183 ter cessazione qualifica rifiuto

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Art 183 ter cessazione qualifica rifiuto Empty Art 183 ter cessazione qualifica rifiuto

Messaggio  elisabetta Mer Giu 15, 2011 6:43 pm

Il comma 3 dell'art. 184 ter (D.Lgs 03/12/10 n. 205) riporta che a partire dal 26 giugno 2011, non potrà più essere applicata la Circolare del Ministero Ambiente del 28/06/1999 (Prot. n . 3402/V/MIN) recante chiarimenti interpretativi in materia di definizione di rifiuto.
Di conseguenza, cosa dovrebbe cambiare?
elisabetta
elisabetta
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Art 183 ter cessazione qualifica rifiuto Empty Re: Art 183 ter cessazione qualifica rifiuto

Messaggio  Admin Gio Giu 16, 2011 9:41 am

Questo il contenuto della circolare:

"L'articolo 57, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche ed interpretazioni, proroga al 30 giugno 1999 il regime di esclusione dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti previsto per i materiali e le sostanze compresi nell'allegato I al D.M. 5 settembre 1994, pubblicato nel supplemento ordinario n. 126, alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212.

In occasione della scadenza del suddetto regime transitorio è stata evidenziata la necessità di indicazioni idonee a superare i dubbi interpretativi che riguardano:

a) l'ambito di operatività dell'obbligo di conformare alla disciplina dei rifiuti "... le attività che in base alle leggi statali e regionali ... risultano escluse dal regime dei rifiuti, ivi compreso l'utilizzo dei materiali e delle sostanze individuati nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 126, alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212..." (art. 57, comma 5, del Dlgs 22/97);

b) il regime giuridico applicabile ai materiali ed alle sostanze che presentano le caratteristiche delle materie prime secondarie individuate dal D.M. 5 febbraio 1998 ma non derivano, dalle attività di recupero disciplinate dal predetto decreto.

In altri termini, si tratta di chiarire se l'obbligo di conformare alla disciplina dei rifiuti i "mercuriali" riguarda o meno tutte le sostanze ed i materiali elencati nell'allegato 1, al D.M. 5 settembre 1994, e di precisare se le sostanze ed i materiali che presentano le caratteristiche delle Materie prime secondarie stabilite dal DM 5.2.1998 ma non derivano da un'attività di recupero siano assoggettate al regime dei rifiuti oppure, ed a quali condizioni, al regime delle materie prime.

Entrambe le questioni devono essere affrontate partendo da una premessa di fondo: il Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e il D.M. 5.2.1998 disciplinano solo le attività di gestione dei rifiuti e non l'utilizzo o l'impiego di beni e prodotti che non rientrano nella definizione di rifiuto. Il che equivale a sottolineare l'esigenza di precisare, in primo luogo, i criteri ed i metodi di base ai quali un materiale o una sostanza deve essere qualificato "rifiuto" ed assoggettato al relativo regime giuridico.

A tal fine, si ricorda che l'art. 6, comma 1, lett. a) del Dlgs 22/97, in recepimento della Direttiva 91/156/CEE definisce rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi, abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi".

Il criterio "tabellare" costituisce un importante elemento di riferimento "oggettivo", ma non è di per sé determinate ai fini della qualificazione di una sostanza, di un materiale o di un altro bene come rifiuto.

Per qualificare "rifiuto" una sostanza, un materiale o, più in generale, un bene risulta determinante il comportamento che il soggetto tiene o è obbligato a tenere o intendere tenere. Rileva, cioè, che il soggetto "detentore" "si disfi" o "abbia intenzione di disfarsi" oppure sia "obbligato", in forza di una disposizione di legge o di un provvedimento dell'autorità amministrativa, "a disfarsi" di qualche cosa.

In secondo luogo, con il termine "disfarsi" il legislatore comunitario intende qualificare la destinazione, potenziale o in atto o obbligata, di un materiale, di una sostanza o di un oggetto alle operazioni di smaltimento o di recupero indicate negli allegati B e C al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Si tratta, peraltro, di un elencazione puramente esemplificativa: le operazioni di smaltimento e di recupero sono individuate così come avvengono nella pratica, come categorie generiche di attività che comprendono, rispettivamente, tutte le operazioni finalizzate all'eliminazione definitiva di un rifiuto e tutte le operazioni di trattamento necessarie per ottenere una materia prima seconda, una materia prima o un prodotto, nonché quelle ad esse preliminari.

Ciò premesso, sul concreto piano operativo l'accertamento del fatto, dell'obbligo o dell'intenzione di disfarsi si configura nei modi seguenti:

a) un soggetto "si disfa" di qualche cosa quando è in atto o è stata effettuata un'attività di smaltimento o di recupero. In tal caso, la qualificazione di un materiale, di una sostanza o di un oggetto come rifiuto emerge dal fatto stesso dell'effettuazione, in atto o passata, di un'operazione di recupero o di smaltimento.

b) Ricorre, invece, l'obbligo di disfarsi quando la destinazione di un materiale, di una sostanza o di un oggetto allo smaltimento o al recupero, nel senso sopra precisato, è imposta direttamente dalla legge (si pensi ad esempio agli oli usati ed alle batterie esauste) o da un provvedimento dell'autorità (ad esempio un ordinanza con la quale la P.A. impone ad un determinato soggetto l'obbligo di smaltire determinate sostanze o materiali) o deriva dalla stessa natura del materiale considerato, che non è idoneo alla sua funzione originaria e può, eventualmente, essere impiegato in un ciclo produttivo previo trattamento.

c) Più delicato è invece accertare se un soggetto abbia intenzione di disfarsi di qualche cosa. In questo caso, infatti, vengono in questione tutti i materiali, le sostanze o gli oggetti che sono ancora idonei alla loro funzione originaria o possono essere utilizzati direttamente in altri cicli di produzione o di consumo senza dover essere sottoposti ad alcun trattamento e diventano rifiuti per una precisa scelta del detentore. In altri termini, è il detentore che decide di avviare allo smaltimento un bene anziché continuare ad utilizzarlo per la sua funzione originaria oppure che decide di avviare a smaltimento o recupero una sostanza che potrebbe, invece, essere utilizzata direttamente come materia prima senza alcun previo trattamento. L'intenzione di destinare un materiale, una sostanza o un oggetto ad attività di smaltimento o di recupero (previste in modo generico negli allegati B e C pericolosi) oppure all'impiego diretto in un ciclo produttivo (ad esempio impiego di una materia prima secondaria) dovrà trovare espressione in fatti oggettivi. È , pertanto, richiesta una ragionevole valutazione caso per caso in applicazione della generale disciplina dei rifiuti e dei principi indicati dalle sentenze della Corte di Giustizia, comunque vincolati per l'ordinamento italiano. In particolare, dovranno essere valutati tutti i comportamenti del detentore incompatibili con la destinazione di un bene alla sua funzione originaria o all'impiego diretto senza alcuna attività di recupero dei rifiuti.

In conclusione, solo i materiali e le sostanze di cui il detentore si disfi, abbia intenzione di disfarsi o abbia l'obbligo di disfarsi, nei termini sopra esposti, soddisfano la suddetta definizione di rifiuto e rientrano nel campo di applicazione del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e relativi decreti attuativi.

Di conseguenza:

a) l'obbligo di conformare alla disciplina del decreto legislativo 5.2.1998 "... le attività che in base alle leggi statali e regionali ... risultano escluse dal regime dei rifiuti, ivi compreso l'utilizzo dei materiali e delle sostanze individuati nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'Ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 126, alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212...", riguarda solo quei materiali compresi nel suddetto allegato che soddisfano la definizione di rifiuto;

b) i materiali, le sostanze e gli oggetti originate da cicli produttivi o di preconsumo, dei quali il detentore non si disfi, non abbia l'obbligo o l'intenzione di disfarsi e che quindi non conferisca a sistemi di raccolta o trasporto dei rifiuti, di gestione di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento, purché abbiano le caratteristiche delle materie prime secondarie indicate dal D.M. 5.2.1998 e siano direttamente destinate in modo oggettivo ed effettivo all'impiego in un ciclo produttivo, sono sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti;

c) non sono sottoposti altresì al regime dei rifiuti i beni di consumo dei quali il detentore non si disfi, non abbia l'obbligo o l'intenzione di disfarsi, in quanto possono essere utilizzati e siano effettivamente utilizzati per la loro funzione originaria".
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