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Rifiuti da manutenzione e da attività sanitarie tra 152/2006 e Sistri

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300511

Messaggio 

266 del D lgs 152 2006 - Rifiuti da manutenzione e da attività sanitarie tra 152/2006 e Sistri Empty Rifiuti da manutenzione e da attività sanitarie tra 152/2006 e Sistri




A cura del dott. Giovanni Tapetto
Link da www.evoluzione-ambiente.it

Da molti anni ormai si discute, imposti dall’avvicendamento normativo, attorno ad alcuni concetti legati tra loro dalla gestione rifiuti e dalle sue conseguenze operative ed amministrative. Con il presente documento intendiamo riprendere e rianalizzare la fattispecie dei rifiuti da manutenzione e da assistenza sanitaria alla luce delle innovazioni apportate al D.Lgs. 152/2006 dal recepimento della direttiva 2008/98/CE nonché dalla gestione di tali attività con l’applicativo Sistri.

Riferimenti normativi

La prima presa in considerazione dei rifiuti prodotti dall’attività di manutenzione fu fatta dalla Legge 426/98 che aggiunse, all’art. 58 del D.Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi), il comma "7-ter. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività.”Tale disposto è stato ripreso dal D.Lgs. 152/2006 ed inserito, invariato, come comma 4 dell’art. 266.
Nell’edizione del D.Lgs. 152/2006, che abrogava e sostituiva il D.Lgs. 22/97, il legislatore aggiunse, inserendolo nel Titolo III – “Gestione di particolari categorie di rifiuti”, l’articolo 230 “Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture” che introduceva alcune varianti della gestione rifiuti relative al particolare aspetto della manutenzione delle “infrastrutture a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico”.

Il medesimo articolo 230 prevedeva, al comma 5, l’emissione di un decreto ministeriale con il quale si sarebbe data regola speciale anche ai rifiuti “provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle fognature”. Di tale decreto non si vide esito ma, nell’occasione del recepimento della direttiva 2008/98/CE operato dal recente D.Lgs. 205/2010, il legislatore modificava il comma 5 nel testo seguente: “I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva.”


La gestione dei rifiuti da attività manutentive

Evidenziamo innanzitutto che il legislatore ha previsto, nella fattispecie delle attività manutentive, comparti diversificati individuabili in:
1) “attività di manutenzione” (ex art. 266, c.4 ) che, mancando di specificazione, assumono il significato di attività generiche;
2) “attività sanitarie” (ex art. 266, c.4), virtualmente associate alla gestione delle attività manutentive ma, ovviamente, affatto separate dalle medesime; in questo senso riteniamo evidente il significato disgiuntivo operato dalla congiunzione “o” posta tra “attività manutentive” e “attività sanitarie” nell’enunciato di tale comma;
3) Attività di “manutenzione delle infrastrutture a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico” (ex art. 230, c.1 );
4) Attività di “pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati...”(ex art. 230, c.5);
attività che sono diversificabili tra loro nel senso della “genericità”, punto 1), e nel senso della “specialità”, punti 2), 3) e 4). Tali suddivisioni, operate dal legislatore, pongono nella necessaria e diversa considerazione delle correlazioni giuridiche e amministrative conseguenti.

La prima considerazione è relativa al significato del termine “manutenzione” che può essere definito come “il complesso delle operazioni necessarie a conservare la funzionalità ed efficienza” (dal latino manu tenere = mantenere). La definizione non ha riferimenti specifici in quanto adattabile a qualsiasi opera umana, mobile, immobile o naturale (macchine, impianti, edifici, giardini ecc.) che necessiti di interventi manutentivi periodici, programmati o straordinari, volti a conservare o ripristinare funzionalità ed efficienza di un bene.
La seconda considerazione è relativa al significato del termine “attività” che può essere definito ed individuato nella “esplicazione delle proprie capacità fisiche, intellettuali e pratiche, operosità”; la definizione trova la sua correlazione giuridica nella definizione di “imprenditore”, ex art 2082 CC, quale: “chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi”;
dunque “attività” ha significato di attività d’impresa.

Il “produttore di rifiuti” è altresì definito, ex articolo 183 del D.Lgs. 152/2006 aggiornato dal D.Lgs. 205/2010, come “il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti”.
Ne consegue che il produttore di rifiuti generati da un’attività manutentiva, svolta in piena autonomia e con specifico rischio d’impresa, è individuato nel “titolare dell’impresa che esegue l’attività da cui i rifiuti derivano”.
A tale figura vanno dunque attribuiti gli obblighi previsti dal TUA in ragione della tipologia di rifiuti prodotti e delle correlate responsabilità gestionali e amministrative: deposito temporaneo, registri, formulari, MUD, Albo Gestori, Sistri ecc..


Deposito temporaneo
Il deposito temporaneo è definito dalla voce bb) dell’art 183 del vigente D.Lgs. 152/2006, nel “raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti…”; tale individuazione è da ritenere immodificabile, salvo eccezioni di legge, ancorché riferita ai rifiuti prodotti da attività manutentive, e si rendono necessari alcuni distinguo in ragione della diversificazione delle attività manutentive nei diversi comparti sopra descritti e delle diverse indicazioni di legge correlate alle singole fattispecie individuate.
Iniziamo dalla comparazione del disposto del comma 4 dell’articolo 266, rimasto immutato anche dopo la nuova edizione del 152/2006:
“I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività”;
con il disposto del comma 1 dell’art. 230:
“Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture (…omissis…) può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore”;
e con il disposto del comma 5 del medesimo art. 230, come modificato dal D.Lgs. 205/2010:
“I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, (…omissis…) potranno essere (…omissis…) raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva”.

Seguendo l’antico brocardo giuridico “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, vale ritenere che, se il legislatore ha creato tre diverse situazioni giuridiche è perché intendeva che le tre diverse situazioni necessitassero di tre diverse modalità gestionali in quanto correlate a situazioni oggettivamente diverse.
Se dunque i due disposti dei commi 1 e 5 dell’art. 230 prevedono che, al comma 1 riferito alle attività manutentive delle reti ed impianti di pubblico interesse, “il luogo di produzione dei rifiuti può coincidere con la sede del cantiere…” e che, al comma 5 riferito alle attività manutentive delle reti fognarie (spurghi), “i rifiuti potranno essere (…omissis…) raggruppati temporaneamente presso la sede o unità…”, quanto disposto dal comma 4 dell’art. 266 indica esclusivamente che “I rifiuti (…omisis…) si considerano prodotti presso la sede…”.

La diversità dei predicati verbali utilizzati per le tre definizioni di un medesimo aspetto comportamentale, deve necessariamente essere considerata ermeneuticamente al fine di chiarire l’indirizzo dispositivo del legislatore :

• Nell’indicare che “...il luogo di produzione dei rifiuti può coincidere…” si determina la possibile sostituzione fisica (coincidenza) del luogo reale di produzione del rifiuto con un altro e diverso luogo fisico;
• Nell’indicare che “...“i rifiuti potranno essere (…omissis…) raggruppati temporaneamente presso la sede…”, si consente una sosta temporanea dei rifiuti in un luogo fisico (la sede del manutentore) diverso dal luogo di produzione del rifiuto per il compimento di un’operazione;
• Nell’indicare che “I rifiuti (…omissis…) si considerano prodotti presso la sede…)”, l’uso del predicato “considerare” non realizza la medesima valenza operativa del “coincidere” o del “raggruppare” che sono indicatori di un’azione, bensì crea una “fictio juris” che non individua una concreta sostituzione fisica e dunque, proprio in ragione di quest’assenza di chiarezza (…ubi noluit tacuit), la sua applicazione non può andare oltre la considerazione virtuale di un’area di produzione di rifiuto allargata all’area geografica in cui opera il manutentore, consentendo a questi di centralizzare la gestione del registro presso la sede ma non di spostare fisicamente in alcun modo il rifiuto dal luogo di produzione.
Il "considerare", sia etimologicamente (cum sidera = guardo le stelle) sia nelle ulteriori diverse accezioni che può assumere nell'idioma nostrano, è indicativo di un'attività mentale, intellettuale o come può dirsi oggi, virtuale ed è quindi possibile relazionare tale virtualità, nella fattispecie della gestione rifiuti, al solo fine di tenere un unico registro presso la sede ma non è possibile tradurlo come predicato abilitativo di un’attività concreta che include un trasporto ed uno stoccaggio.
Per altro verso è ragionevole chiederci per quale ragione il legislatore abbia creato un’eccezione con l’art. 230 se quanto in esso descritto fosse stato già desumibile dal 266, c.4 (in claris…).

Tali considerazioni tengono primariamente conto della rilevanza di indirizzo giuridico determinato dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 05 ottobre 1999, punto 49 , che dispone che “la nozione di "deposito temporaneo" deve interpretarsi in modo restrittivo e deve rispettare i principi menzionati all'articolo 130 R del Trattato Ce (divenuto, in seguito a modifica, articolo 174 Ce)”.
A tale fondamentale riferimento si aggiunge la nostra giurisprudenza con la massima stabilita dalla Suprema Corte con la sentenza 33866 del 08 giugno 2007 seguita dalla sentenza 9856 del 29 gennaio 2009, nelle quali si conferma che l'art. 230 costituisce unica eccezione alla regola generale imposta dalla definizione di "deposito temporaneo" come descritta all'art. 183, c.1-m), che lega tale operazione esclusivamente al luogo di produzione del rifiuto, fatto salvo l’esatto adempimento delle condizioni di eccezione.

Le considerazioni del punto precedente sono applicabili tout-court anche all’esercizio delle attività sanitarie relativamente alle sedi ambulatoriali periferiche, umane e veterinarie, che sono dunque esonerate dall’obbligo di tenuta di “n” registri, uno per ogni sede ambulatoriale territoriale, mediante la tenuta di un unico registro presso la sede legale ovvero presso la sede di riferimento per la gestione dei servizi territoriali (ex DPR 254/2003 art 4, c.3 ).
Non c’è alcuno spazio interpretativo di lettura estensiva che consenta di spostare il deposito temporaneo dal luogo di produzione ad altra sede con conseguente possibile trasferimento fisico di rifiuti.

Da quanto esposto è evidente che discordiamo dalla pur ampia tendenza interpretativa che dà per scontato che il disposto del comma 4 dell’art. 266, preveda anche la possibilità di trasferimento fisico dei rifiuti, pericolosi e non, dal luogo di produzione alla sede del manutentore o dell’assistenza sanitaria, ma l’indicazione data dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee e dalla massima della Suprema Corte nelle citate sentenze sono ineludibili.

Riteniamo dunque sia possibile affermare che il “deposito temporaneo dei rifiuti” debba essere osservato esclusivamente in modo cogente, secundum legem e senza eccezioni fatte salve quelle previste dalla legge stessa qualora ottemperate in modo esatto.


Analizziamo ora le conseguenze pratiche ed amministrative di tale interpretazione.

Attività di manutenzione delle infrastrutture (ex art. 230 D.Lgs. 152/2006)

Premesso che, il termine “infrastrutture” individua opere complementari necessarie allo svolgimento dell’attività principale, che la precisazione “a rete” indica che tali infrastrutture devono intendersi “estese nel territorio”, che l’aggiunta del termine “impianti”, preceduto dalla congiunzione “e” include, nel novero delle attività considerate, le opere di natura impiantistica produttiva o di servizio dell’infrastruttura con vincolo di asservimento necessario al pubblico interesse; con l’inserimento di questo articolo, il legislatore individua una situazione di specialità per questo comparto di attività, estrapolandolo dal complesso delle generali attività manutentive (cui fa riferimento il comma 4 dell’art. 266), stabilendo eccezione alla regola della inamovibilità del deposito temporaneo rispetto al luogo di produzione del rifiuto, disponendo che “Il luogo di produzione dei rifiuti (…) può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura (…) ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento”.

L’eccezione prevista dal disposto di quest’articolo è soggetta a tre condizioni di vincolo desunte dal medesimo enunciato:
• Deve essere riferita esclusivamente alle attività manutentive della specifica fattispecie e cioè delle “manutenzioni delle infrastrutture a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico”, eseguite sia dal medesimo gestore che tramite terzi;
• Deve essere effettuata esclusivamente per consentire “la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento”;
• La valutazione tecnica deve essere effettuata entro sessanta giorni.


Su tali condizioni si è chiaramente espressa la Corte Suprema con le sentenze 33866/2007 e 9856/2009, con le quali veniva riconfermato il concetto di inamovibilità del deposito temporaneo rispetto al luogo di produzione del rifiuto, fatta eccezione per quanto previsto dall’art. 230 a condizione che vengano rispettate, in modo esatto, entrambe le condizioni di specialità della manutenzione e della effettiva ed oggettiva riutilizzabilità del materiale tolto d’opera.
Va anche rilevato che nell’enunciato dell’articolo 230-1, nell’indicare il luogo di “concentramento”, sostitutivo del luogo di produzione dei rifiuti, non riferisce a rifiuto bensì a “materiale tolto d’opera” che in tale luogo viene trasportato per essere sottoposto alla “valutazione tecnica finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento”.
Ciò significa che il materiale tolto d’opera può essere individuato come rifiuto, in tutto o in parte, solo dopo la valutazione tecnica effettuata entro 60 giorni e anche che, prima di tale valutazione, il materiale tolto d’opera non può essere considerato rifiuto.

Da ciò deriva che:
• il trasferimento fisico di materiale tolto d’opera da un cantiere alla sede operativa può essere fatto esclusivamente per del materiale che necessariamente abbia la caratteristica di “effettiva ed oggettiva riutilizzabilità”, quantomeno potenziale;
• tale riferimento esclude dal novero dei materiali trasferibili ogni altra sostanza od oggetto che non abbia caratteristica di “effettiva ed oggettiva riutilizzabilità” e che quindi sia oggettivamente qualificabile come rifiuto fin dalla sua prima generazione; in quest’ambito vanno inclusi indistintamente tutti i rifiuti pericolosi nonché tutti quei rifiuti non pericolosi che, in ogni caso, sono oggettivamente tali fin dall’origine (p.e.: fanghi);
• il trasporto del “materiale tolto d’opera” fino al centro operativo per la valutazione tecnica, può dunque avvenire senza formulario accompagnatorio in quanto non costituisce rifiuto;
• i rifiuti non pericolosi (tali fin dall’origine) devono rimanere in deposito temporaneo “in situ” e possono essere trasportati a destinazioni autorizzate di recupero o smaltimento tramite trasportatore autorizzato ovvero con mezzi propri del manutentore iscritti all’Albo Gestori, nella sezione speciale del trasporto in conto proprio (212-8 ) accompagnati da formulario;
• i rifiuti pericolosi devono rimanere in deposito temporaneo “in situ” e possono essere trasportati a destinazioni autorizzate di recupero o smaltimento esclusivamente tramite trasportatore autorizzato accompagnati da formulario;
• il formulario è escluso relativamente ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri, né al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri complessivi l’anno;
• la tenuta e compilazione del registro di carico e scarico può essere effettuata in modo centralizzato presso la sede legale od operativa (ex art. 266, c.4) del manutentore;
• la scrittura di ogni riga di registro va riferita esattamente al luogo di produzione del rifiuto indicandolo nella parte alta della quarta colonna (ex DM 148/98);
• la scrittura delle righe di registro relative alla produzione e allo scarico di rifiuti del centro operativo, non necessitano di alcuna indicazione nella parte alta della quarta colonna, in quanto riferite al medesimo luogo di tenuta del registro indicato nel frontespizio.


L’art. 230, al comma 3, fa un’ulteriore precisazione: “Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva (…) dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1” che estende la speciale condizione prevista per le infrastrutture e per gli impianti ad esse integrati, anche agli impianti fruitori delle medesime infrastrutture.

Quanto sopra include reti ed impianti:
• per il trasporto dell’energia e dei combustibili (elettrodotti, gasdotti, oleodotti),
• reti di comunicazione ferroviaria, stradale e telefonica,
• reti di distribuzione civile (acquedotti), ecc.;


Attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie
La nuova definizione introdotta dal nuovo comma 5 dell’art. 230: “I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva” merita la dovuta attenzione in quanto passibile di varie modalità interpretative.

Il primo periodo individua nel “soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva”, il “produttore del rifiuto”; una tale chiarezza si rendeva necessaria da tempo ma è bene identificare quali siano i limiti di tale attesa innovazione.
• L’attività di “pulizia manutentiva” è riconosciuta quale attività produttrice di rifiuto in capo all’operatore che la effettua: lo spurghista.
• L’attività di “pulizia manutentiva” è riferita a “reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati”; questa definizione potrebbe costituire una limitazione che escluderebbe le attività di “pulizia manutentiva” effettuate su fosse, pozzi, vasche e quant’altro la tecnologia includa, in postazione “unica” escluse cioè dal collegamento fisico a rete fognaria ma, in considerazione del fatto che il disposto del comma 5, indicando “reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che private”, include sia le reti fognarie quali “infrastrutture del pubblico servizio” sia le reti fognarie di adduzione dei liquami, a servizio di case o condomini di civile abitazione (privati) ancorché costituite da un’unica tubazione e da un unico elemento impiantistico di destinazione; ne consegue l’inclusione nel novero di “rete fognaria”, di ogni tipologia di fossa, pozzo ecc. che abbia la mera funzione di punto terminale di una rete fognaria privata (domestica).
• La specialità di tale disposto esclude altresì dalla medesima considerazione di cui sopra, le attività effettuate dal manutentore/spurghista diverse dalla effettiva “pulizia manutentiva delle reti fognarie” quali quelle di mero “svuotamento” di qualsiasi tipo di contenitore contenente liquidi diversi dai liquami, “raccolti” dallo spurghista mediante operazioni di aspirazione o di svuotamento per gravità, nelle autobotti per trasportarli a recupero o smaltimento.
In tali casi il produttore rimane individuato in colui il quale, persona fisica o giuridica, la cui attività ha prodotto rifiuto e riempito tali contenitori; il raccoglitore rimane esclusivamente tale.

Il secondo periodo crea eccezione, attenzione, non al “deposito temporaneo” ma alla fase di “trasporto del rifiuto”; tale eccezione viene infatti configurata successivamente alla fase di “produzione del rifiuto” ed in un contesto di alternativa al diretto conferimento a recupero/smaltimento;
• il disposto precisa che “tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente (…) o, in alternativa, raggruppati temporaneamente (...)” e quindi riferisce chiaramente alla fase di trasporto che, alternativamente può essere fatta con destinazione finale o con destinazione la sede del manutentore;
• presso la sede del manutentore si costituisce pertanto un “raggruppamento temporaneo” affatto innovativo che non trova alcuna definizione nella norma; il rischio intrinseco di tale indefinita indicazione è che, come in molti altri casi già occorsi, l’interpretazione operativa (diritto vivente ) possa essere affatto diversa da quella giuridica con ogni correlata conseguenza;
• va doverosamente detto che, su tale aspetto, si apre un ampio spettro di ulteriori considerazioni e correlazioni che, necessariamente, dovranno essere riprese in una apposita trattazione;

Da ciò deriva che:
• la tenuta e compilazione del registro di carico e scarico può essere effettuata in modo centralizzato presso la sede legale od operativa (ex art. 266, c.4);
• la compilazione del formulario va fatta indicando la ragione sociale dell’impresa come produttore ed il luogo esatto di produzione del rifiuto nella riga “unità locale”;
• la sosta per il “raggruppamento temporaneo” presso la sede dovrà essere riportata sul formulario con indicazione di data e ora di inizio e fine sosta;
• la scrittura di ogni riga di registro (carico e scarico) va riferita esattamente al luogo di produzione del rifiuto indicandolo nel campo annotazioni ovvero nella parte alta della IV colonna (è riservata alle attività manutentive da infrastrutture ma può essere comunque utilizzata in quanto si privilegia la completezza dell’informazione data e l’assimilabilità operativa);
• si ritiene comunque un obbligo di diligenza d’impresa, il trasmettere al titolare dell’immobile presso cui si è eseguita l’opera di manutenzione con la quale si è prodotto il rifiuto, una copia della IV copia del formulario a seguito del conferimento del rifiuto alla destinazione autorizzata prevista.

Attività di manutenzione generica (ex 266, c.4 D.Lgs. 152/2006)
Le attività di manutenzione generica sono molteplici e, nell’impossibilità di darne un elenco esaustivo, ci si propone di valutare la questione in modo astratto talché sia possibile trovarne applicazione in modo diffuso. Ogni attività manutentiva prevede la prestazione d’opera presso una sede diversa da quella in cui ha sede l’impresa manutentrice e, nella gran parte dei casi, l’esecutore materiale dell’attività manutentiva non è il titolare dell’attività bensì uno o più operatori da lui organizzati e dipendenti. L’espletamento dell’attività può comportare, di norma, la sostituzione di materiali (pezzi meccanici di materiali vari, liquidi di vario genere e composizione, apparecchiature ed oggetti di vario genere ecc.) con la conseguente origine di simili quantità di materiali sostituiti.
Rimangono inalterate le considerazioni già esposte e riferite all’individuazione del luogo di produzione del rifiuto e all’inamovibilità del “deposito temporaneo” se non per preciso disposto di legge applicabile solo in correlazione al disposto dell’art. 230 e perciò, in relazione ai rifiuti prodotti da attività manutentive generiche, il luogo di produzione del rifiuto rimane il luogo effettivo di produzione, presso terzi, ed il produttore rimane identificato nell’impresa che ha prodotto il rifiuto nell’esecuzione della propria attività.
Costituendo “eccezione”, non riteniamo sia applicabile alle generiche attività manutentive la gestione tout-court del “materiale tolto d’opera” prevista dal comma 1 dell’art. 230.

Riteniamo altresì che, nella generica fattispecie, vada individuato esattamente il produttore del rifiuto per trarne alcune conseguenze giuridiche; in quest’ambito riprendiamo l'esaustiva analisi del Prof. Pasquale Giampietro che, con considerazioni giuridicamente attuali e affatto condivise, affermava che è il titolare dell’attività da cui derivano i rifiuti che viene titolato dalla legge – comunitaria e nazionale – produttore degli stessi e, in quanto tale, gravato di specifici oneri per la loro successiva gestione in base alla regola del chi inquina paga”.
Considerato che, nell’ambito dell’attività manutentiva, l’opera viene in larga misura effettuata da personale sottoposto al titolare dell’attività, si rende necessario estendere l’analisi alla definizione di “rifiuto”, ex 183, c.1-a, quale: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”, in correlazione alla fattispecie manutentiva.
Se infatti assumiamo che il produttore del rifiuto sia individuato nel titolare dell’attività che lo produce e gli attribuiamo la responsabilità decisoria del ”disfarsi o dell’intenzione del disfarsi” affinché individui un rifiuto, dobbiamo verificare se, come e quando sia consentito al titolare di prendere tale decisione.
Escludiamo subito dal novero di considerazione i casi relativi alla generazione di rifiuti pericolosi, in quanto la decisione del titolare non può modificare la natura pericolosa del rifiuto fin dalla sua origine, l’impossibilità del riutilizzo e quindi la necessarietà del disfarsi.
Se mettiamo in correlazione la decisione del titolare nei confronti dei residui dell’attività manutentiva (effettuata, ricordiamo, da soggetti diversi dal titolare ma a lui sottoposti), che di rifiuto hanno solo la potenzialità (valvole idrauliche, rubinetteria, tubazioni di vario materiale, contatori ecc., smontati o sostituiti), ci si rende conto che l’intervento decisore del titolare diventa condizione “sine qua non” per l’esatta individuazione del momento e del luogo in cui si genera un rifiuto e che tale momento decisionale non può avvenire in più luoghi diversi per l’oggettiva impossibilità della contestuale presenza del titolare in ogni luogo in cui l’attività della sua impresa viene svolta.
Riteniamo quindi essere condizione affatto aderente alla realtà, sia operativa che giuridica, sostenere che la generazione di un rifiuto non pericoloso prodotto da attività manutentiva possa avvenire solo presso la sede legale od operativa dell’impresa, dove il titolare può esercitare il suo diritto/dovere di decidere sul disfarsi o meno dei materiali oggetto d’intervento.

Ciò comporta le seguenti conseguenze operative:
• è possibile il trasporto presso la sede, legale od operativa, di materiali od apparecchiature da sottoporre alla decisione del titolare del disfarsi; in tal caso non si configura trasporto di rifiuti ma di materiali e/o apparecchiature residuali;
• il trasporto presso la sede, legale od operativa, è escluso sia per i rifiuti pericolosi che per i rifiuti non pericolosi comunque non reimpiegabili che non possono essere oggetto di decisione diversa dal disfarsi; tali rifiuti devono rimanere in deposito temporaneo “in situ” e possono essere trasportati a destinazioni autorizzate di recupero o smaltimento tramite trasportatore autorizzato accompagnati da formulario ovvero, per i soli non pericolosi, dalla medesima impresa manutentrice iscritta all’Albo Gestori nella sezione speciale dell’art. 212, c.8 alle condizioni previste in tale comma;
• La tenuta e compilazione del registro di carico e scarico può essere effettuata in modo centralizzato presso la sede legale od operativa;
• la scrittura di ogni riga di registro (carico o scarico che sia) va riferita, per i rifiuti pericolosi e per i non pericolosi lasciati in deposito temporaneo presso terzi, all’esatto luogo di produzione del rifiuto indicandolo nel campo annotazioni ovvero nella parte alta della IV colonna (è riservata alle attività manutentive da infrastrutture ma può essere comunque utilizzata in quanto si privilegia la completezza dell’informazione data e l’assimilabilità operativa);
• per i rifiuti raccolti presso i luoghi di attività manutentiva, la compilazione del formulario va fatta, a cura del trasportatore incaricato, indicando la ragione sociale dell’impresa manutentrice come produttore ed il luogo esatto di produzione del rifiuto nella riga “unità locale”;
• si ritiene comunque un obbligo di diligenza d’impresa, il trasmettere al titolare dell’azienda presso cui si è eseguita l’opera di manutenzione con la quale si è prodotto il rifiuto, una fotocopia della IV copia del formulario a seguito del conferimento del rifiuto alla destinazione autorizzata prevista;
• il formulario è escluso relativamente ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri, né al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri complessivi l’anno.

Attività di Assistenza Sanitaria (ex 266, c.4 D.Lgs. 152/2006; ex art. 4, c.2 e c.3 DPR 254/2003)
La gestione dei rifiuti sanitari costituisce “gestione speciale” in quanto normata dal DPR 254/2003, ma si evidenzia che il disposto dei commi 2 e 3 dell’art 4 del DPR 254/2003 applica alla fattispecie l’art. 58, c.7-ter dell’abrogato D.Lgs. 22/97 che aveva la medesima formulazione dell’attuale art. 266, c.4 del vigente D.Lgs. 152/2006.
La formulazione dei commi 2 e 3 del DPR 254/2003, è infatti la seguente:
2. Nel caso in cui l'attività del personale sanitario (…) sia svolta all'esterno delle stesse, si considerano luogo di produzione dei rifiuti sanitari le strutture medesime, ai sensi dell'articolo 58, comma 7-ter, del decreto legislativo n. 22 del 1997. (…).
3. Si considerano altresì prodotti presso le strutture sanitarie di riferimento i rifiuti sanitari, con esclusione di quelli assimilati agli urbani, prodotti presso gli ambulatori decentrati dell'azienda sanitaria di riferimento


Il comma 2 riferisce alle prestazioni di attività sanitarie infermieristiche domiciliari (ADI) e individua il luogo di produzione dei rifiuti prodotti da tali attività, nel distretto da cui organizzativamente dipendono e presso il quale gli operatori sanitari depositano il contenitore di rifiuti al termine della quotidiana attività.
Il comma 3 riferisce ai rifiuti sanitari prodotti presso gli ambulatori decentrati che si considerano prodotti “presso le strutture sanitarie di riferimento”.
I distretti (ambulatori decentrati) delle aziende sanitarie costituiscono quindi “luoghi di produzione di rifiuti sanitari pericolosi” derivanti sia dalle prestazioni sanitarie in loco sia da quelle domiciliari.
Rimangono inalterate, anche in riferimento a tale fattispecie, le considerazioni già esposte e riferite all’individuazione del luogo di produzione del rifiuto e all’inamovibilità del “deposito temporaneo” se non per preciso disposto di legge e perciò, anche in relazione ai rifiuti sanitari prodotti nei distretti o ambulatori decentrati, il luogo di produzione del rifiuto rimane il luogo effettivo di produzione (distretti o strutture decentrate) mentre può essere centralizzata la sola tenuta del registro.

Da ciò deriva che:
• i rifiuti sanitari pericolosi devono rimanere in deposito temporaneo “in situ” (ambulatori territoriali o distretti) e possono essere trasportati a destinazioni autorizzate di recupero o smaltimento esclusivamente tramite trasportatore autorizzato accompagnati da formulario;
• la tenuta e compilazione del registro di carico e scarico può essere effettuata in modo centralizzato presso la sede legale o la struttura sanitaria di riferimento;
• la scrittura di ogni riga di registro va riferita esattamente al luogo di produzione del rifiuto indicandolo nel campo annotazioni ovvero nella parte alta della IV colonna (è riservata alle attività manutentive da infrastrutture ma può essere comunque utilizzata in quanto si privilegia la completezza dell’informazione data e l’assimilabilità operativa);
• la scrittura delle righe di registro relative alla produzione e allo scarico di rifiuti della sede legale o della struttura sanitaria di riferimento, non necessitano di alcuna indicazione nella parte alta della quarta colonna, in quanto riferite al medesimo luogo di tenuta del registro indicato nel frontespizio.



Iscrizione al Sistri delle attività manutentive e sanitarie

L’iscrizione al sistema Sistri, come disposto dall’art. 1 del DM 17 dicembre 2009, è obbligatoria indistintamente per tutti gli enti ed imprese produttori di rifiuti pericolosi.
Le modalità di iscrizione sono previste e descritte nell’allegato IA al medesimo DM, come da art. 3, c.3, e dal medesimo articolo, comma 6-a), si evince che “È necessario dotarsi di un dispositivo Usb per ciascuna unità locale dell'impresa(…)”
L’allegato IA, pag. 1, definisce Unità Locale: “l’impianto o l’insieme delle unità operative ubicato in un luogo diverso dalla sede legale, nel quale l’impresa esercita stabilmente una o più attività economiche da cui sono originati i rifiuti; ovvero ciascuna sede presso la quale vengono conferiti i rifiuti per il recupero o lo smaltimento.”
Dall’indicazione del comma 11 dell’art. 3 “Al fine di consentire la consultazione del registro cronologico e delle singole schede di movimentazione, i dispositivi USB sono tenuti presso l’unità o la sede dell'impresa per la quale sono stati rilasciati (…)” e dal modulo d’iscrizione al Sistri si evince che l’iscrizione è obbligatoria per la sede legale dell’impresa o ente e per le “eventuali” unità locali come sopra descritte individuate come “luogo di produzione di rifiuti”.
Da quanto disposto dal punto 2, capitolo I Prima fase-Iscrizione dell’allegato I-A al DM 17/12/2009, “i dati comunicati dagli operatori (relativi quindi alla sede legale ed alle unità locali dell’impresa oggetto di iscrizione – n.d.r.) saranno confrontati con quelli contenuti nel Registro delle imprese gestito dalle CCIAA (…)” .
Il disposto dell’art. 6, c.7 del DM 17 dicembre 2009 prevede che “Nel caso di rifiuti prodotti da attività di manutenzione o da altra attività svolta fuori della sede dell'unità locale, il registro cronologico è compilato dal delegato della sede legale dell'impresa o dal delegato dell'unità locale che gestisce l'attività manutentiva”.

Da quanto sopra esposto si evince che le caratteristiche delle sedi o unità locali oggetto di iscrizione devono corrispondere con quelle che regolano l’iscrizione al Registro delle Imprese gestito dalla CCIAA e che ogni "USB produttore" individua una unità locale e un registro.
Per l’integrale applicazione degli obblighi derivanti dal DM Sistri e dei diritti acquisiti sulle facoltà operative determinati dall’applicazione dei disposti degli artt. 230, c.1 e 266, c.4 del D.Lgs. 152/2006 nonché dei correlati disposti dell’art. 4, c.3 del DPR 254/2006 e dell'art. 6, c.7 del DM 17/12/2009, possiamo dedurre quanto segue:



Imprese di manutenzione di reti diffuse
1. Le imprese che effettuano manutenzione di reti diffuse (ex art. 230) che producono rifiuti pericolosi e che non hanno sedi (unità) locali iscritte al Registro delle imprese, si iscrivono al Sistri solo per la sede legale o (alternativo) la/le sedi operative dove viene identificato il luogo di produzione (ex art. 230, c.1 e 4);
2. Le imprese che effettuano manutenzione di reti diffuse (ex art. 230) che hanno sedi (unità) locali iscritte al Registro delle imprese ma facenti parti dell’infrastruttura gestita, possono iscrivere al Sistri la sola sede legale o (alternativo) la/le sedi operative dove viene identificato il luogo di produzione (ex art. 230, c.1 e 4);


Imprese di manutenzione generica
1. le imprese di manutenzione generica (ex art. 266, c.4 D.Lgs. 152/2006 e art. 7 DM 17/12/2009) che producono rifiuti pericolosi e che non hanno unità locali iscritte al Registro delle imprese, si iscrivono al Sistri per la sola sede legale o (alternativo) la/le sedi operative dove viene svolta (gestita, organizzata) l’attività di manutenzione;
2. le imprese di manutenzione generica (ex art. 266, c.4 D.Lgs. 152/2006 e art. 7 DM 17/12/2009 ) che hanno unità locali iscritte al Registro delle imprese iscrivono al Sistri la/le sedi operative da dove viene svolta (gestita, organizzata) l’attività di manutenzione;

Spurghisti
1. le imprese che effettuano la pulizia manutentiva delle reti fognarie (ex art. 230, c.5) si iscrivono per la sola sede legale;

Aziende sanitarie
le aziende sanitarie, in quanto enti non commerciali, non esercitano attività economiche e dunque non hanno alcuna correlazione con il Registro delle Imprese; l’iscrizione di tali aziende sarà quindi correlata esclusivamente al disposto congiunto degli art. 266, c.4 del D.Lgs. 152/2006, ed al disposto dell’art. 4, c.2 e c.3 del DPR 254/2006, nonché degli artt. 1 e 6, c.7 del DM 17/12/2009 e art. 8, c.2 del DM 15/02/2010; le aziende sanitarie si iscrivono dunque secondo due diverse modalità alternative:
• per le strutture (sedi) di riferimento delle attività territoriali
ovvero,
• per le sedi legali
L’iscrizione di ogni singolo distretto o ambulatorio territoriale rimane facoltativa.

Uso del Sistri per la gestione delle attività manutentive e sanitarie

Nell’introdurre l’argomento, stante la provvisorietà di funzionamento (work in progress) del sistema informatico Sistri, necessitano alcune premesse di carattere giuridico:
• Il sistema di tracciabilità Sistri è stato istituito dal DM 17 dicembre 2009 in applicazione dei disposti delle seguenti norme:
o D.Lgs. 152/2006, art. 189, c.3-bis;
o Legge 296/2006 (Finanziaria 2007), art. 1116;
o D.Legge 172/2008, art. 2, c.2-bis, convertito, con modifiche, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210;
o D.Legge 78/2009, convertito, con modifiche, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, art. 14-bis.

• Il mandato di Legge per l’attuazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti prevede, ex art. 189, c.3-bis, del D.Lgs. 152/2006 come modificato dal D.Lgs. 4/2008, “(…)l'istituzione di un sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai fini della trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti e la realizzazione in formato elettronico del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del Mud, da stabilirsi con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,(…)” ;
• tale mandato di Legge stabilisce, ex art. 17 L. 400/88 , i limiti della competenza regolamentare ministeriale nell’istituzione del sistema informatico Sistri.

Per quanto sopra si esclude che il DM istitutivo del Sistri possa introdurre modifiche a modalità e criteri di gestione già previsti e regolati dal D.Lgs. 152/2006 e/o dalle altre leggi speciali di gestione di particolari categorie di rifiuti.
Ancora in ragione di ciò rileviamo che quanto previsto dall'art. 6, c.8 possa indurre a far ritenere attuabile il trasporto di rifiuti pericolosi da un cantiere alla sede legale o dell'unità locale dell'impresa (ex art. 230, c.1), trasporto che, come descritto nella prima parte del presente documento, in ragione dell’attuazione degli indirizzi giurisprudenziali comunitari e della nostra Suprema Corte, rappresenta un illecito non essendo possibile alcuna “valutazione tecnica” sull’eventuale effettivo ed oggettivo riutilizzo di un rifiuto pericoloso e, in correlazione, non è possibile alcuna decisione diversa dal “disfarsi” da parte del produttore.

Si esclude altresì che quanto descritto nei manuali operativi del Sistri o si possa desumere dalle funzionalità del Sistri, possa assurgere a titolo di Legge o di indirizzo operativo/comportamentale e, conseguentemente, riteniamo inapplicabile la procedura prevista al cap. 5.3.2 del manuale Sistri, v. 1.5 del 30.11.2010, in quanto identificativa di un trasporto illecito.
Si esclude infine che le funzionalità operative del sistema informatico Sistri possano limitare o impedire le modalità gestionali delle attività di gestione rifiuti come previste dal D.Lgs. 152/2006 e dal DM 17/12/09, istitutivo del medesimo sistema.

Ciò premesso ed in ragione del fatto che, ad oggi, nei manuali Sistri non si descrive l’uso per le speciali modalità gestionali relative alla gestione delle attività manutentive (fatta salva l’inapplicabile descrizione del capitolo 5.3.2), si ritiene che queste necessariamente debbano e possano essere gestite secondo le modalità previste dal D.Lgs. 152/2006 e dal DM 17/12/09, ancorché non descritte nei manuali.

Fermo restando che, per quanto sopra esposto, la gestione delle attività manutentive e sanitarie può avvenire in modo centralizzato in una delle sedi previste dalla norma che, in seno al Sistri, sono identificate quali “Unità Locali” oggetto d’iscrizione e sede di tenuta e gestione del registro cronologico, la gestione conseguente correlata alle procedure operative Sistri, si individua in due modalità:
- produttore iscritto con raccolta dei rifiuti da trasportatore iscritto dal “luogo di produzione” coincidente con l’unità locale; procedura descritta dal Manuale Operativo Sistri – V. 1.5 del 30.11.2010, al cap. 5.1.1;

- produttore iscritto con raccolta dei rifiuti da trasportatore iscritto ma da “luogo di produzione” diverso dalla unità locale; il caso è affatto equipollente alla procedura prevista per la raccolta presso cantieri di durata inferiore a sei mesi descritta dal Manuale Operativo Sistri – V. 1.5 del 30.11.2010, al cap. 5.3.1;



Riportiamo di seguito la descrizione delle procedure per la speciale fattispecie.




Modalità d’uso del Sistri per attività manutentive

Per la produzione e raccolta di rifiuti in sedi diverse dalle unità locali:

i. Qualora dall'attività di manutenzione svolta presso terzi, derivino rifiuti speciali pericolosi, l’operatore dell’impresa che ha effettuato l’attività manutentiva, deve contattare la sede legale o l’unita locale di riferimento, fornendo le informazioni sul rifiuto prodotto.

ii. Il delegato della sede deve quindi provvedere alla compilazione del Registro Cronologico (cfr. Guida Utente Produttori) entro 10 giorni dalla produzione del rifiuto e comunque prima della movimentazione dello stesso, indicando nel “campo annotazioni” il luogo esatto di produzione del rifiuto, nonché alla raccolta del medesimo da parte di un trasportatore iscritto presso il luogo di origine del rifiuto (luogo di produzione).


iii. Il delegato della sede dell’impresa manutentrice è tenuto a compilare la Scheda SISTRI Area Movimentazione almeno 4 ore prima della movimentazione, inserendo nel campo “Annotazioni” l’esatto indirizzo del luogo di origine del rifiuto.

iv. A questo punto il trasportatore accede al sistema SISTRI, completa la Scheda SISTRI Area Movimentazione almeno 2 ore prima ella raccolta (cfr. Guida Utente Trasportatori) inserendo (se effettua attività di microraccolta) il percorso e le altre informazioni necessarie: il percorso da indicare e quello che va dalla sede del luogo di origine del rifiuto all’impianto di gestione.

v. Stampa quindi due copie della Scheda SISTRI Area Movimentazione e le consegna al conducente.

vi. Al momento della presa in carico dei rifiuti da parte del conducente, il responsabile del luogo di origine del rifiuto, ancorché impresa terza oggetto dell’attività manutentiva del produttore, scrive data e ora di presa in carico del rifiuto sulle due copie cartacee della scheda SISTRI Area Movimentazione già firmata elettronicamente dal delegato dell’impresa che ha prodotto il rifiuto e dal delegato dell’impresa di trasporto, le sottoscrive e trattiene una copia (che conserva x 5 anni), mentre l’altra viene consegnata al conducente affinché accompagni il trasporto.

vii. Dopo aver effettuato il carico, il conducente attiva la Black Box inserendovi il dispositivo USB (2.3).

viii. Entro due giorni dalla presa in carico del rifiuto da parte del conducente, il trasportatore accederà al sistema per inserire data ed ora della presa in carico dei rifiuti desunte da quelle indicate sulla scheda cartacea Sistri;

ix. La consegna all’impianto di gestione avverrà secondo la procedura in cui produttore e trasportatore sono iscritti al SISTRI (5.1.2).

x. Se il manutentore stesso si occupa del trasporto, si applica la procedura prevista per un produttore che trasporta i propri rifiuti (5.1.4)
.

Per la produzione e raccolta di rifiuti nelle sedi costituenti unità locali:

i. Se il rifiuto viene prodotto presso la sede del manutentore ed il trasporto all’impianto di destinazione viene effettuato da terzi, si applica la procedura prevista per un produttore che conferisce ad un trasportatore iscritti al Sistri (5.1.2).

ii. Se il rifiuto viene prodotto presso la sede del manutentore ed il manutentore stesso si occupa del trasporto all’impianto di destinazione, si applica la procedura prevista per un produttore che trasporta i propri rifiuti (5.1.4)
.



Procedura d’uso del Sistri per le aziende sanitarie

Per la produzione e raccolta di rifiuti nelle sedi ambulatoriali territoriali, diverse dalle unità locali:

i. Quando in una sede di assistenza ambulatoriale territoriale (distretto) si producono rifiuti speciali pericolosi, l’operatore incaricato presso tale sede, deve contattare la sede legale o l’unita locale di riferimento, fornendo le informazioni del rifiuto prodotto.

ii. Il delegato della sede deve quindi provvedere alla compilazione del Registro Cronologico (cfr. Guida Utente Produttori) entro 10 giorni dalla produzione del rifiuto e comunque prima della movimentazione dello stesso, indicando nel “campo annotazioni” il luogo esatto di produzione del rifiuto, nonché alla raccolta del medesimo da parte di un trasportatore iscritto.

iii. Il delegato della sede è tenuto a compilare la Scheda SISTRI Area Movimentazione almeno 4 ore prima della movimentazione, inserendo nel campo “Annotazioni” l’esatto indirizzo del luogo di origine del rifiuto.

iv. A questo punto il trasportatore accede al sistema SISTRI, completa la Scheda SISTRI Area Movimentazione almeno 2 ore prima della raccolta (cfr. Guida Utente Trasportatori) inserendo (se effettua attività di microraccolta) il percorso e le altre informazioni necessarie: il percorso da indicare e quello che va dalla sede del luogo di origine del rifiuto all’impianto di gestione.

v. Stampa quindi due copie della Scheda SISTRI Area Movimentazione e le consegna al conducente.

vi. Al momento della presa in carico dei rifiuti da parte del conducente, l’operatore incaricato del luogo di origine del rifiuto scrive data e ora di presa in carico del rifiuto sulle due copie cartacee della scheda SISTRI Area Movimentazione già firmata elettronicamente dal delegato della sede e dal delegato dell’impresa di trasporto, le sottoscrive e trattiene una copia (che conserva per 5 anni), mentre l’altra viene consegnata al conducente affinché accompagni il trasporto.

vii. Dopo aver effettuato il carico, il conducente attiva la Black Box inserendovi il dispositivo USB (2.3).

viii. Entro due giorni dalla presa in carico del rifiuto da parte del conducente, il trasportatore accederà al sistema per inserire data ed ora della presa in carico dei rifiuti.

ix. La consegna all’impianto di gestione avverrà secondo la procedura in cui produttore e trasportatore sono iscritti al SISTRI (5.1.1)
.

Per la produzione e raccolta di rifiuti nelle sedi coincidenti con l’“unità locale”:

x. Se il rifiuto viene prodotto presso una sede dell’azienda sanitaria individuata come unità locale ed il trasporto all’impianto di destinazione viene effettuato da terzi, si applica la procedura prevista per un produttore che conferisce ad un trasportatore iscritti al Sistri (5.1.2).





Procedura d’uso del Sistri per spurghisti

La procedura per gli spurghisti descritta al capitolo 5.3.5 del manuale operativo, è applicabile solo alla raccolta di rifiuti fatta presso produttori terzi “non iscritti”.

La procedura per il trasporto di rifiuti non pericolosi prodotto dalla medesima impresa dovrà essere necessariamente formulata “ex novo” per adeguarla al nuovo disposto del comma 5 dell’art. 230 del D.Lgs. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. 205/2010, ovvero riferita alla procedura descritta al capitolo 5.1.4..

Venezia, 15/01/2011
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