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Messaggio  omniapisa Gio Feb 13, 2014 1:09 pm

Buongiorno, sono il responsabile della gestione di un'azienda della provincia di Pisa che commercializza e installa serramenti e porte interne presso abitazioni prevalentemente di privati (l'azienda non è artigianale ma commerciale)
Negli ultimi anni una tecnica di installazione delle nuove finestre in pvc, eseguita senza effettuare opere murarie ma utilizzando in parte il telaio delle finestre esistenti in legno, ha fatto si che spesso veniamo a trovarci nella situazione che descrivo adesso:
I nostri operai si recano a casa del cliente con i nuovi serramenti e iniziano l'operazione smontando le vecchie ante (generalmente materiali legno+vetro) ma utilizzando il vecchio telaio esistente per installare le nuove finestre. Ovviamente le vecchie ante una volta terminata l'installazione, non sono più necessarie, e sono infatti rifiuto della nostra operazione di sostituzione, pertanto il cliente spesso richiede che siano portate via da noi perchè lui non ha modo di smaltirle (in alcuni comuni il servizio per i privati di ritiro rifiuti ingombranti funziona rapidamente ma in altri comuni assolutamente no!!).
Abbiamo cercato alcune aziende che si occupino dello smaltimento di rifiuti per conto terzi e ci siamo accordati con una che si occupa del trasporto e dello smaltimento delle vecchie finestre rimosse, prelevandole 3/4 volte l'anno dalla nostra sede. L'azienda si occupa della compilazione dei formulari e di tutti gli adempimenti necessari.
La domanda è questa: per trasportare le vecchie ante delle finestre (che sono il risultato e la rimanenza della nostra lavorazione in casa del cliente) dal cantiere alla nostra sede dobbiamo iscriverci al registro o non è necessario?

Ringrazio anticipatamente chiunque sia in grado di darmi una qualsiasi delucidazione in merito.
Grazie
Francesco
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Messaggio  Aurora Brancia Gio Feb 13, 2014 2:28 pm

La sua azienda è commerciale sì perchè vende infissi, ma ha anche il lato di attività "artigianale" di posa in opera che immagino sia eseguita con proprie maestranze, quindi le ante dismesse a mio avviso sono un "rifiuto da attività (non azienda, al più ramo d'azienda) artigianale".
Tanto premesso, il mio parere è che la sostituzione parziale di infissi (= la sola anta delle finstre/balconi) rientri a pieno titolo nella "manutenzione" di un immobile, segnatamente straordinaria e, come nel caso degli infissi in PVC di nuova generazione, anche di ristrutturazione ai fini di risparmio energetico, tanto è vero che si accede alle detrazioni fiscali connesse alla seconda finalità, e quindi mi pare applicabile l'art. 266 c.4 del d.lgs. 152/06 che testualmente detta "4. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività.".
Quindi, se vi limitate a trasportare le ante dismesse dall'abitazione/ufficio del vs. committente al vs. deposito, non state eseguendo un "trasporto di rifiuti" ma ancora un puro "trasporto merci proprie" che diventeranno realmente un rifiuto solo quando deciderete di disfarvene. E' peraltro indispensabile che detto trasporto sia eseguito con un ulteriore DDT, nel quale io di solito suggerisco di scrivere "materiale del tipo X, tolto d'opera da ... e diretto al deposito aziendale sito in ..." e che nell'ordine/commissione sia previsto che il precedente proprietario ve lo cede come materiale usato, magari in conto lavori se del caso.
Se infatti nella commissione/ordine fosse indicato il ritiro delle vecchie ante per la loro eliminazione, allora sì che la cosa si complica, perchè il potenziale rifiuto del privato cittadino, che per voi sarebbe materiale tolto d'opera, può essere "ritirato/raccolto" solo a cura del servizio pubblico di raccolta degli ingombranti domestici, e quindi voi dovreste non solo iscrivervi all'Albo Gestori per il trasporto di detti rifiuti ma anche attivare una "convenzione" con i singoli comuni e/o enti gestori per poter eseguire questa "raccolta di rifiuti urbani" che non è attuabile da soggetti privati.
E, mi raccomando, non lasci passivamente al trasportatore ogni incombenza relativa allo smaltimento o meglio al recupero (di certo, i vestri si recuperano, ed anche il legno o il ferro o l'alluminio): ricordi che la sua azienda non "sottoscrive" il formulario (FIR) ma giuridicamente lo compila e con la firma in calce dichiara vero quanto c'è scritto sopra, quindi sarà sempre lei il responsabile di quel rifiuto, sino alla fine. In particolare lei risponderà sempre del Codice CER, che è attribuibile solo dal produttore, e del destino che ha scelto per quel rifiuto.

Mi rendo conto che la normativa in merito sia particolarmente complessa ed anche scritta maluccio, ed io sono naturalmente prolissa quando fornisco risposte, ma porti pazienza: non se ne vada all'estero anche lei, come pare stiano facendo un po' tutti gli imprenditori d'italia...

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Messaggio  isamonfroni Gio Feb 13, 2014 3:22 pm

Nel dare il benvenuto a Francesco, non posso che sottoscrivere integralmente quanto postato da Aurora.

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Messaggio  omniapisa Gio Feb 13, 2014 9:30 pm

In primis la ringrazio per la risposta per niente prolissa ed assolutamente completa. Lei inoltre ha colto proprio il centro della mia domanda. Pochi minuti fa stavo appunto leggendo gli art. 230 e 266 del dlgs 152/06 e la relativa interpretazione normativa (proprio da un post su questo forum rifiuti da manutenzione) che parla appunto di materiali tolti d'opera (art. 230) e materiali residuali (art. 266). Essendo le ante delle finestre o delle vecchie persiane in legno sostituite non ancora rifiuto ne consegue il fatto che il trasporto possa essere fatto senza problemi fino alla sede della nostra azienda, dove il titolare deciderà se rivendere, restaurare o disfarsi del materiale ritirato dal cliente. A questo punto:
1) Al momento dell'ordine degli infissi, molti clienti chiedono che sia inserita nell'ordine la dicitura "ritiro e smaltimento dei vecchi infissi a cura dell'azienda installatrice" a cui io puntualmente mi oppongo poichè non siamo abilitati ne al trasporto ne allo smaltimento di tali rifiuti. Quale dicitura posso inserire nella conferma d'ordine sottoscritta dal cliente? Io avevo pensato a "Ritiro materiali residuali e trasporto degli stessi fino alla sede di Nomeazienda" con relativo importo € xx
2) Come regolare questa cessione di materiali tra il cliente e la nostra azienda? Serve fare un modulo dove il cliente cede gratuitamente i materiali residui alla nostra azienda o non è necessario?
3) non essendo rifiuto, il trasporto è assimilato a quello di merci e di conseguenza si rende necessario un ddt con destinazione l'indirizzo della nostra azienda. Quale dicitura devo inserire nella descrizione del ddt? La causale del trasporto è la cessione? Il trasporto è a proprio o cedente? Lei mi ha indicato "materiale del tipo X, tolto d'opera da ... e diretto al deposito aziendale sito in ..." ma il materiale tolto d'opera non si riferisce all'art. 230 del dlgs 152/02 che parla però di manutenzioni delle infrastrutture?
Mi scuso per l'insistenza e la pignoleria, ma negli ultimi anni abbiamo subito spesso multe per piccolezze e quindi preferisco cercare di essere il più preparato possibile in merito all'argomento in modo da evitare ulteriori problemi. La nostra azienda non fuggirà all'estero ma per restare in questo paese è necessario dedicare più tempo alle normative che al nostro lavoro.
Grazie a tutti per la disponibilità.
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Messaggio  Aurora Brancia Gio Feb 13, 2014 10:56 pm

Mi rendo conto della ridicolaggine pratica e di fatto della cosa ma dire/scrivere che è un materiale tolto d'opera (pensi ad una applique smontata o ad un armadietto del bagno) è ben diverso da dire/scrivere che è del "materiale residuale", giuridicamente parlando. A parte che l'indicazione residuale può far pensare, per esempio, a dei pezzi "avanzati" dal montaggio
Ok, lo so, è una "legalata", intesa nel senso deteriore del termine decisamente farlocco: ma giuridicamente, e per come sta messa oggi questa normativa, purtroppo sono queste finezze che possono fare la differenza tra un "va bene può andare" e un "mi dispiace, dobbiamo verbalizzare che...".
Non ravvedo la necessità di ulteriore modulo, se nella commissione o nell'ordine o nell'offerta accettata o nella fattura accompagnatoria(non so come vi regoliate, documentalmente, in questo) è specificato "cessione al fornitore dell'infisso usato preesistente compreso nel costo della fornitura" oppure "cessione al fornitore dell'infisso usato valevole a titolo di sconto sulla fornitura pari a € tot (oppure -anche a titolo gratuito-)". Privilegerei l'ultima dicitura, altrimenti ci si va a impegolare tra l'IVA delle cessioni fatte da privati a titolo oneroso, che sono esenti da IVA ma questo potrebbe costringere lei poi a versare la differenza di IVA tra il prezzo senza sconto e il prezzo "scontato".  Credo, almeno: se ricordo bene quello che mi ha spiegato tante volte il mio commercialista sull'acquisto di beni usati da parte di aziende con in P.IVA, possibili e anche riportabili bìnei gestri contaibili compreso quello dei beni materiali, a patto che esista documentazione probatoria dell'acuisizione che contenga le generalità complete del soggetto privato che cede e vende, il suo codice fiscale, la descrizione dell'oggetto/bene che viene ceduto, il prezzo di cessione (anche pari a 0 €, come sarebbe nel suo caso) e naturalmente i dati comprensivi di partita iva del soggetto acquirente. Per la gestione contabile ulteriore, naturalmente la rimando al suo consulente apposito.
Nella Fattura di vendita degli infissi nuovi questi dati ci sono certamente tutti.
Mi raccomando: materiale e mai rifiuti o residui, nonché cessione e mai ritiro. Siamo il paese delle carte, notoriamente.
Per questo dicevo che ci vuole un DDT ad andare per gli infissi nuovi con la sua azienda come cedente e l'acquirente come cessionario e un altro per ritornare al deposito con l'azienda come neo proprietario del bene, ovvero  gli infissi vecchi testè acquisiti (e acquisito è diverso da acquistato...). Naturalmente questa procedura, complicata ma corretta, implica che nel deposito ci sia un'area dedicata ai "materiali usati" , e che ad ogni buon conto cautelativamente non si superino i volumi di deposito temporaneo di rifiuti non pericolosi (I suppose...) per evitare anche il rischio di quello più in vena di sanzione che entra nel deposito e comincia a far storie che quelli sono rifiuti: e lo saranno sino a che lei non decide di disfarsene, prescindendo che può anche finire che magari qualcuno ne rivede per davvero. Saranno materiali a magazzino grosso modo sino a quando chiama un trasportatore di rifiuti per farli portare via perchè non li ha rivenduti e ha disogno di spazio, essendo legale il possesso di quei beni ed essendo stata abrogata con il d.lgs. 205/2010 la qualifica "presuntiva" sulla qualità di rifiuto, (D.lgs. 152/06, allegati alla parte quarta, allegato A appunto abroagato) nessuno si può permettere di dire che quelli sono rifiuti: è come se venissero a casa sua sostenendo la stessa cosa dei vestiti nel suo armadio che non le entrano più o che semplicemente sono decisamente fuori moda.
Mammasantissima...  in questo caso io avrei una discarica abusiva in camera da letto.

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Messaggio  zorba Ven Feb 14, 2014 11:02 am

Aurora Brancia ha scritto:...Quindi, se vi limitate a trasportare le ante dismesse dall'abitazione/ufficio del vs. committente al vs. deposito, non state eseguendo un "trasporto di rifiuti" ma ancora un puro "trasporto merci proprie" che diventeranno realmente un rifiuto solo quando deciderete di disfarvene. E' peraltro indispensabile che detto trasporto sia eseguito con un ulteriore DDT, nel quale io di solito suggerisco di scrivere "materiale del tipo X, tolto d'opera da ... e diretto al deposito aziendale sito in ..." e che nell'ordine/commissione sia previsto che il precedente proprietario ve lo cede come materiale usato, magari in conto lavori se del caso.
(...)
Mah..., questo mi sembra un buon modo per finire prima o poi nei guai...  Rolling Eyes 

Aldilà di tanti bei giri di parole, l'effettivo stato delle cose è stato descritto "papale papale" in due righe dallo stesso autore del quesito:
omniapisa ha scritto:Ovviamente le vecchie ante una volta terminata l'installazione, non sono più necessarie, e sono infatti rifiuto della nostra operazione di sostituzione...
Se il nostro amico trova l'organo di controllo giusto che non si fa infinocchiare, quello che gli succede è una sanzione amministrativa per trasporto di rifiuti senza formulario, nonché una denuncia penale ed il sequestro dell'autocarro ai fini della confisca se non ha l'iscrizione all'Albo per il trasporto in conto proprio.
Poi l'organo accertatore, se vuole essere preciso, gli fa anche un controllo in azienda per vedere come vengono gestite le "vecchie ante" portate in magazzino/deposito...

A meno che l'impresa che commercializza ed installa nuovi serramenti non riesca a dimostrare in modo documentato ed oggettivo che acquisisce dai clienti le vecchie finestre dismesse e le rivende come roba usata.

Vorrei ricordare che in materia di rifiuti prodotti da attività di manutenzione anche l'orientamento della Cassazione è che il trasporto dal luogo di produzione “reale” a quello di produzione “giuridica” richiede comunque la regolarità del mezzo di trasporto per quanto riguarda l'iscrizione all'Albo (e quindi anche l'uso del formulario).
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Messaggio  zesec Ven Feb 14, 2014 1:25 pm

zorba ha scritto:
Vorrei ricordare che in materia di rifiuti prodotti da attività di manutenzione anche l'orientamento della Cassazione è che il trasporto dal luogo di produzione “reale” a quello di produzione “giuridica” richiede comunque la regolarità del mezzo di trasporto per quanto riguarda l'iscrizione all'Albo (e quindi anche l'uso del formulario).

Ciao zorba,
tu che sei sempre molto attento alla produzione giuriprudenziale, ti riferisci sempre a Cass. Pen. n. 17460/12 o hai anche altre pronunce, magari successive? Magari qualcosa mi è sfuggito e approfitto per tenermi aggiornato.
Comunque, per quello che può servire, confermo tutto, purtroppo. Dico "purtroppo" perché io, anche su questo forum, mi sono sempre battuto per affermare la differenza tra movimentazione e trasporto. Ma la Cassazione la pensa diversamente. Ubi maior...
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Messaggio  Supremoanziano Ven Feb 14, 2014 3:07 pm

zesec ha scritto:
zorba ha scritto:
Vorrei ricordare che in materia di rifiuti prodotti da attività di manutenzione anche l'orientamento della Cassazione è che il trasporto dal luogo di produzione “reale” a quello di produzione “giuridica” richiede comunque la regolarità del mezzo di trasporto per quanto riguarda l'iscrizione all'Albo (e quindi anche l'uso del formulario).

Ciao zorba,
tu che sei sempre molto attento alla produzione giuriprudenziale, ti riferisci sempre a Cass. Pen. n. 17460/12 o hai anche altre pronunce, magari successive? Magari qualcosa mi è sfuggito e approfitto per tenermi aggiornato.
Comunque, per quello che può servire, confermo tutto, purtroppo. Dico "purtroppo" perché io, anche su questo forum, mi sono sempre battuto per affermare la differenza tra movimentazione e trasporto. Ma la Cassazione la pensa diversamente. Ubi maior...

Le sentenze, per fortuna, non sono equiparabili ad una norma, con tutto il rispetto della Cassazione, è un parere che può essere smentito da un altro giudice.
Passi il fatto che si dovrebbe richiedere l'autorizzazione all'Albo, anche se ne sono fermamente contrario, ma il FIR proprio no: non esiste che compili un FIR errato in partenza!
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Messaggio  zesec Ven Feb 14, 2014 3:44 pm

Questo forum ha dovuto sopportare moltissimi miei post in difesa di questa posizione (quella della movimentazione dal luogo di produzione effettiva del residuo di manutenzione alla sede legale senza FIR e senza autorizzazione all'albo). Quindi in linea di diritto siamo d'accordo.
Che il giudice non sia il legislatore, poi, mi vede ancora più d'accordo. Purtroppo però la Cassazione, a conti fatti, conta più di me e di te. Quindi se la Suprema Corte è orientata a punire questo comportamento, tutto quello che posso dire al cliente è che io non sono d'accordo, ma che se qualcuno gli ferma il camion e gli contesta l'infrazione, avremo un bel da fare a sovvertire un orientamento giurisprudenziale di Cassazione. Di sicuro il giudice di primo e secondo grado non lo farà.
Io ho deciso di ingoiare l'amaro boccone e farmene una ragione. Ma se tu continui a lottare (e a rischiare), io non mi arrabbio. Anzi.
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Messaggio  Aurora Brancia Ven Feb 14, 2014 8:59 pm

francamente, io non  riesco proprio a spiegarmi com'è che in questi giorni sto problema della movimentazione di "materiali tolti d'opera" sia diventato un generale problema di trasporto rifiuti: è come se ci fosse un sistema che intende boicottare la gestione di queste cose rispetto alle indicazioni della UE, magari per farci prendere l'ennesima procedura di infrazione.
Immagino che la cosa temporalmente possa derivare da quanto, smentendo persino se stessa, sostiene la dr.ssa Ficco in uno dei suoi libi più o meno recenti, dove anche lei si attacca alla sentenza 17460 (scritta peraltro male 2 volte, come 17640). Ho già avuto modo di discuterne altrimenti, e come ho più e più volte avuto modo di dire anche le sentenze dalla SC vanno inquadrate nel loro contesto e fattispecie.  
E in quella fattispecie, della sentenza in parola intendo, occorre a mio avviso notare che la sentenza riguarda il ricorso avverso un'ordinanza del GIP di convalida sequestro del mezzo, e non già avverso una sentenza di condanna per trasporto illecito.
Dal punto di vista squisitamente giuridico, e vi ricordo sempre che la Cassazione NON giudica nel merito ma nella forma giuridica degli atti procedimentali, l'ordinanza di sequestro del veicolo ci stava tutta, se si era ancora in fase di istanza preliminare dove l'avvocato della difesa si era attaccato solo al 266 ma senza essersi evidentemente preoccupato di verificare la corrispondenza documentale esistente a supporto di tale motivo di ricorso, tanto è vero che nella sentenza si legge proprio

Cass. sez. III ha scritto:"Osserva al riguardo il Collegio che più pertinente sarebbe stato il richiamo al D.Lgs. n. 152/2006, art. 230, comma 1, ove viene prevista una eccezione alla regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione nelle ipotesi non di manutenzione generica bensì di manutenzione specifica di reti ed infrastrutture".

Quindi, a voler guardare tutti gli aspetti di questa sentenza, secondo me c'è stato il rigetto del ricorso perchè l'avvocato ha clamorosamente toppato il primo e principale riferimento normativo, invocando solo l'art 266, non valido nella fattispecie atteso che l'automezzo sottoposto a sequestro era autorizzato al trasporto di rifiuti di un solo codice CER, non corrispondente già visivamente al materiale rinvenuto, ma non l'art. 230 visto che era materiale derivante da manutenzione perché l'azienda svolgeva " in subappalto, in Verona, lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria per le reti di distribuzione dell'acqua potabile e di raccolta e collettamento dei reflui urbani appaltati dalla società X", nè evidentemente è stata esibita sin falle fasi di indagine altro tipo di autorizzazione al trasporto di "merci" corrispondente alla tipologia trasportata nè vi era alcun altro tipo di documentazione probatoria della causale del trasporto, come ribadito proprio in sentenza.
Inoltre, è la stessa SC che, con garbo e tra le righe, lo dice. Ovvio che se l'avvocato poi nel ricorso scrive invece che "I materiali trasportati provenivano da detta attività di manutenzione e dovevano perciò ritenersi prodotti presso la sede del soggetto che svolgeva tale attività, secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 4. Gli stessi rifiuti, inoltre, potevano essere tenuti in deposito temporaneo presso il luogo di produzione senza autorizzazione e nello stesso luogo potevano essere custoditi i registri di carico e scarico.", per quanto tutto ciò sia vero non si richiama all'art. 230 che a mio parere era di reale fattispecie, e quindi l'hanno presa sulle recchie.
Assodato ciò,  a me sembra che la sentenza in parola sia pertanto giuridicamente corretta, perchè  se ancora non è stato concluso il processo (anzi deve ancora cominciare, ricordiamoci che stiamo parlando di un ricorso ad un ordinanza di sequestro convalidata da un GIP!) e atteso che agli atti c'è evidentemente una dichiarazione di un UPG che li definisce rifiuti, la suprema corte deve valutare la correttezza dell'operato del giudice, non il merito di quanto asseriscono gli UPG. A quello appunto serve il processo, che peraltro mi farebbe proprio sapere com'è finito e se l'avvocato ha capito il "suggerimento" della Cassazione: sempre che ci fosse la corretta pratica a monte del tutto. Se non c'era nulla di ciò che l'art.230 chiede, nonostante fosse una manutenzione di infrastruttura però in subappalto, il discorso finisce lì. Ma sempre relativamente alla correttezza procedurale del sequestro del mezzo.  
Infine, a zorba (ciao, caro!  I love you ) ricordo che il 205/2010 ha cercato di scansarci, almeno in parte, la procedura di infrazione  partita perchè non recepivamo la Dir CE 98/2008 che ha avuto il gran pregio abrogare l'Allegato A degli allegati alla Parte Quarta. Infatti, sino a quel punto, esisteva un elenco (da Q1 a Q16, da Quality) di caratteristiche intrinseche di qualcosa che la "rendeva" un rifiuto, e così è stato sino all'abrogazione della Dir 12/2006 che quest'elenco di "caratteristiche dei rifiuti" aveva all'All. I. Con la 98/2008 sta cosa l'hanno levata da mezzo, e finalmente si è stabilito che una cosa tanto diventa un rifiuto, giuridicamente, quando uno(produttore, detentore) decide che lo sia.
Ora, se tu intendi dire che è un po' tirato per i capelli  ciò che ho detto a omniapisa, ok sono d'accordo con te, ed io mi sento anche un po' mortificata a tirar fuori queste "legalate". Ma tu non consideri che quel materiale "tolto d'opera", usato, non è affatto detto che sia un rifiuto: può essere materiale appunto usato e loro possono anche rivenderselo, in teoria pure a pezzi: ad esempio, tolgono le vetrocamere o i mezzi cristalli ele possono vendere ad un vetraio, che se le può adattare e riutilizzare. Tolgono le maniglie, e se le rivendono ad un antiquario. Possono rivenderle ad un falegname-restauratore che fa appunto restauri di antichi balconi e finestre (sapessi quanto ho penato io a trovare dei maniglioni a chiavistello antichi/vecchi per gli scuri dello studio, infatti diversi da quelli delle altre camere!). Oppure, possono rivendersi tutta l'anta a qualche artigiano che di mestiere appunto questo fa, il restauro di vecchi infissi, anche di "modernariato", e rifarà le operazioni che ti ho appena descritto. Questo, per quelle in legno. Ma anche quelle in ferro + vetri o in alluminio hanno un loro mercato "d'occasione", come per gli arredi: ci sono persone che hanno negozietti/botteghe apposta di "usato", e ti assicuro che sono meta sia di architetti (il famoso "vintage" fa trend anche nell'arredamentodi interni), sia di gente che non si può permettere l'infisso nuovo e fa il vano finestra o porta adattato a quello che trovano già fatto in questi centri/botteghe dell'usato.
Atteso che tutto ciò è legale, e che la normativa sia italiana che europea ha come prima istanza - subito dopo la prevenzione della formazione stessa del rifiuto in cui rientra il suo eventuale riuso -  e dopo il riciclo/recupero, che sono 3 cose diversissime ma cominciano tutte per R,  non vedo il motivo di dover considerare appunto rifiuto ciò che forse a me non serve (a omniapisa, nella presente discussione) ma a qualcun altro invece sì, e non per farci "traffici" ma solo per avere un bene a prezzo inferiore.
Se ti vendi o regali un tuo notebook usato e funzionante perchè ti sei preso l'ultimissimo ultrabook, stai facendo traffico di rifiuti pericolosi (RAEE...) o ti stai rivendendo/regalando un tuo bene mobile?

Ecco, io questo intendevo.

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Messaggio  zorba Ven Feb 14, 2014 9:09 pm

zesec ha scritto:ti riferisci sempre a Cass. Pen. n. 17460/12 o hai anche altre pronunce, magari successive?
Sì, a quella.
Non ne conosco di successive.

Per carità, tutto è criticabile e non parliamo delle Tavole della Legge...
Ma tra un'interpretazione della Cassazione, che nel nostro ordinamento svolge anche la funzione nomofilattica, ed una assolutamente personale e piuttosto "di comodo", per di più costruita arrampicandosi un po' sugli specchi, personalmente non credo che avrei molti dubbi.

Se posso permettermi: non avete considerato che la locuzione "I rifiuti provenienti da attivita' di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attivita'' comporta semplicemente una deroga alla disciplina ordinaria in materia di luogo di deposito temporaneo e di luogo di tenuta dei registri (come peraltro ribadisce anche la stessa giurisprudenza citata)?

Sì, perché tutta la vostra ulteriore e sottile distinzione tra "trasporto" e "movimentazione", con quello che ne conseguirebbe, mi pare del tutto priva di qualunque riferimento giuridico; mentre l'art. 193 - quello sì - mi pare parecchio chiaro.

Aurora Brancia ha scritto:francamente, io non  riesco proprio a spiegarmi com'è che in questi giorni sto problema della movimentazione di "materiali tolti d'opera" sia diventato un generale problema di trasporto rifiuti...
Cara Aurora, guarda che - se vogliamo limitare il ragionamento al quesito in esame - è lo stesso @omniapisa ad ammettere che nel suo caso SONO rifiuti...  Wink
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Messaggio  Aurora Brancia Sab Feb 15, 2014 2:05 pm

zorba ha scritto:
Cara Aurora, guarda che - se vogliamo limitare il ragionamento al quesito in esame - è lo stesso @omniapisa ad ammettere che nel suo caso SONO rifiuti...  Wink
 Wink  lo so l'ho letto anche io!
E io ho inteso fornirgli un diverso punto di vista, mettila così !

Per il resto, che il luogo di produzione del rifiuto da manutenzione e da assistenza sanitaria sia stato regolamentato con la fictio juris di art. 266, comunque cogente, non mi trova concettualmente d'accordo, e ti spego anche perché.
Correva l'anno 1995 (quindi, regime rifiuti ex 915/82), e una delle maggiori raffinerie d'italia decise di dismettere quella attività, conservando solo la destinazione di "deposito prodotti petroliferi". Io seguii professionalmente quell'imponente dismissione (o decomissioning, come stava scritto sugli ordini di lavori) relativamente ai MCA (beeeello, km di tubazioni coibentate!). Posso giurare sulla testa dei miei nipotini che non un solo misero ciuffetto di amosite nè un filino di baderna di crisotilo sia stato disperso o illegalmente smaltito perchè secondo la normativa all'epoca vigente il produttore del rifiuto non era l'impresa di bonifica bensì il proprietario del bene:
DPR 915/82 ha scritto:Art. 13
(Costo di smaltimento a carico del produttore di rifiuti)
I costi relativi alle attività di smaltimento dei rifiuti speciali sono a carico dei produttori dei medesimi, dedotto l'importo degli eventuali recuperi.
Questo comportava che un'industria rispondeva in prima persona, molto più che non adesso, dello smaltimento di materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi; i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti, definiti come rifiuti speciali (cfr. art. 2, c.4 punto 3). E siccome proprio il 915/82 introdusse sia l'obbligo del registro di carico e scarico (cfr. art. 19) sia il divieto di discarica non autorizzata che stroncò ahinoi troppo tardi la consolidata usanza storica di seppellire nel suolo dell'area di stabilimento i propri rifiuti, per non "farsi acchiappare" dall'art. 11 alcuni ciurlavano alla grandissima l'art. 19 sui registri, e così nacque la "terra dei fuochi", per capirci.
Se ci si decidesse a dire una volta e per sempre che il produttore del "rifiuto" è colui che detiene legalmente la proprietà del bene che diventa "rifiuto" e che di fatto se ne disfa, come accade per gli urbani che se ti beccano (beccassero...) a scaricare in strada le ante dismesse ti fanno il (___!___) a tarallo, magari il nostro neo-amico omniapisa si dovrebbe sì iscrivere all'albo trasportatori ma sai quanti smaltimenti "dubbi" ci elimineremmo? Partendo da quelli che si stanno (al momento, ma da tempo) portando molto, di stranissimi 20 03 04 che hanno puzze piuttosto incompatibili con quelle fisiologiche e facilmente riconoscibili a naso di una normale fossa settica domestica: non sempre il povero trasportatore lo sa, anche se molti si organizzano apposta così.

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sto ancora cercando un aforisma che mi identifichi senza confondimenti indesiderati, ma non c'è.
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Messaggio  Sciùr Colombo Ven Feb 21, 2014 3:48 pm

A questo punto crea maggior confusione il nuovo modulo RE del MUD che mette nei rifiuti speciali prodotti fuori dall'unità locale quelli da attività di assistenza sanitaria e manutenzione.

Mentre l'art.266 comma 4 li considera prodotti presso la sede legale o il domicilio.
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Messaggio  ceresio18 Ven Feb 21, 2014 4:37 pm

il problema è appunto dibattuto ed è uno dei punti sui quali sarebbe vermante ora che il legislatore facesse chiarezza.....invece che inventarne sempre di nuove sarebbe il caso che pensasse a mettere qualche "pezza" a tutte le falle della normativa vigente.

A mio avviso, dopo avere letto pareri e sentenze varie la migliore soluzione è:

Iscrizione all'Albo si;
FIR no

Per quanto riguarda il modulo RE non vedo problemi dato che sul registro della sede indico il luogo di effettiva produzione.
Certo che poi compilare il MUD dovendo indicare tutti i Comuni presso i quali ho prodotto rifiuti diventa veramente lunga (oltre che francamente inutile ai fini della tracciabilità e della  protezione dell'ambiente).

Saluti a tutti
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