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Messaggio  Admin Ven Mar 09, 2012 9:48 am

Vi segnalo questo progetto dell'Unione Europea che prevede l'impiego di batteri per la bonifica di siti contaminati.

http://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/istituzioni/2012/03/08/visualizza_new.html_129252941.html
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Messaggio  isamonfroni Ven Mar 09, 2012 11:02 am

Vabbè, al di là del lancio di agenzia, sicuramente accattivante.....
I metodi di bonifica di siti contaminati (principalmente da idrocarburi) con l'uso di metodi microbiologici esistono gia da molti anni (bioremediation), e vengono utilizzati soprattutto a titolo sperimentale/propagandistico nei siti considerati "officina" per i seguenti 2 validi motivi:
* i metodi prevedono tempi estremamente lunghi per la bonifica (normalmente incompatibili con le ordinarie esigenze di riutilizzo del sito)
* se i terreni sono lasciati stare abbastanza a lungo.........prima o dopo si bonificano da soli dato che gli idrocarburi sono biodegradabili.

Altrettanto noti sono i metodi di bonifica con le piante (fitoremediation), che dovrebbero servire per la bonifica di siti contaminati da metalli pesanti, che per altro sono assai poco utilizzati, dato che l'inquinamento si trasferisce dal terreno al legno della pianta e poi si ha il problema dello smaltimento del legno che deve essere gestito come rifiuto pericoloso.

Letta così ha un po' il sapore della scoperta dell'acqua calda............ovviamente sarebbe il caso di conoscere più approfonditamente il progetto..........

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Messaggio  Aurora Brancia Ven Mar 09, 2012 10:41 pm

quotando concettualmente Isa, che basta dirlo senza ricopiare tutto, aggiungerei che il vero problema della bioremediation non è nel convincere i batteri a nutrirsi delle fetenzie, ci sono alcune specie come pseudomonas aeruginosa che si trovano benissimo nei serbatoi di kerosene degli aerei, per esempio, ma da un lato il significativo rischio ambientale - e quindi indirettamente anche per l'uomo- di avere delle specie batteriche mutanti che per coniugazione batterica possano avere delle bruuuuutte ripercussioni sul batteri "normali" che per tutti noi sono essenziali anche se non tutti lo sappiamo. E dall'altro lato il tempo di contatto necessario perchè la depurazione raggiunga livelli di accettabilità del risultato, cosa al momento impossibile per contaminazioni particolarmente massive.
Per quello che attiene la biofitoremediation, poi, il problema vero si pone non tanto per le specie arboree o il loro destino come rifiuti, (male che vada, tutto a incenerimento...) ma anche lì perchè il metabolismo delle piante, particolarmente spiccato con nette correlazioni preferenziali tra tipo di vegetale e tipo di contaminante "preferito" può comportare la rediffusiione in altre specie viventi, in particolare per i metalli pesanti che sono da sempre biopersistenti ma anche biomagnificabili. La differenza nei due termini significa che ogni elemento metallico non si degrada mai, che alcuni hanno una soglia di concentrazione massima in ciò che li ha assorbiti ma anche che detta soglia aumenta lungo la catena alimentare. Quindi, il vermetto-bruco che si è ciucciato ad esempio il piombo adsorbito dalla foglia di cui si è nutrito crescendo poi viene mangiato dall'uccello che nutrendosi di vermetti al piombo finirà con l'avere dei problemi, verosimilmente riproduttivi, che provocheranno sia una contrazione del numero di esemplari sia un ulteriore accumulo nei predatori di quegli uccelli, tra cui anche l'uomo. Ma anche se la foglia se la mangia la lumaca che verrà mangiata dall'uccello o dal topolino o dal riccio, che a loro volta saranno mangiati da...

Come biologa, io trovo che sia un buon sistema per pulire gli inquinamenti residui o comunque di basso livello, a patto che si scelgano colture tanto per cominciare non eduli per l'uomo (che se no ce li riconcentriamo direttamente noi...) e subito dopo non preferenziali per gli invertebrati parassiti e/o predatori dei vegetali stessi, ovvero in aree dove ci sia ampia varietà di cibo "pulito" per gli stessi. Il tutto, sempre sperando di non trovare un rimedio che poi si riveli peggiore del male. Io ricordo sempre a tutti che per rimediare al problema del piombo tetraetile come detonante nelle benzine inizialmente si è aumentato il livello di benzene nelle stesse, passando da probabili anemie saturnine ad altrettanto probabili leucemie benzeniche. Poi, al posto del benzene oltre i suoi omologhi come il para-xilolo che non ti leucemizza ma ti scassa il fegato per inalazione hanno messo il MTBE che è per di più anche solubile in acqua, caratteristica che i due precedenti non hanno. In compenso, ancora non sappiamo del MTBE gli effetti nel medio-lungo termine di esposizione alle "basse dosi": come per l'amianto... Ma questo è un problema che tra una cinquantina d'anni -o forse prima ma spero di no- risolveremo sull'epidemiologia, come tutto il resto che si è scoperto dopo anni di uso indiscriminato che era nocivo, a volte tossico, altre proprio letale. .
Non mi è mai parsa una scelta molto intelligente.
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Messaggio  isamonfroni Ven Mar 09, 2012 11:06 pm

cara torrentizia Aurora, come concordo con te!!

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Messaggio  benassaisergio Sab Mar 10, 2012 12:18 am

Se, per un verso, sono anch’io un poco perplesso sullo specifico problema dei batteri che “ripuliscono” le aree contaminate, così come lo sono stato, e lo sono (da ex ingegnere nucleare) sulla fusione fredda come nuova sorgente di energia (nonostante il conclamato fallimento di Pons & C, ogni tanto qualcuno ci “riprova”), c’è un aspetto però che mi induce a non essere (credo) d’accordo con Aurora Brancia. Là dove fa riferimento al fatto che magari solo fra qualche anno o decennio scopriremo qualche effetto nocivo di una sostanza (o di un agente biologico). Insomma è la “vexata quaestio” del principio di precauzione.

Per fare un esempio concreto: i nanomateriali. Si annunciano mirabilie: nuovi materiali, tessuti, oggetti, superfici, con proprietà eccezionali. Ma, anche se a livello di Unione Europea esiste un apposito gruppo che cerca di capire i possibili effetti negativi sulla salute delle persone e dell’ambiente, siamo ben lontane/i da una qualunque conclusione (un inciso: però la burocrazia legislativa ha già allungato i suoi tentacoli: vedi regolamento REACH). E nel frattempo che si fa ? Si aspetta qualche anno o decennio per verificare eventuali aspetti nocivi e non si utilizzano i nanomateriali ?

Ma non vorrei andare troppo OT. Parliamo di rifiuti.
Allora: quando è che un rifiuto è pericoloso ? Quando ha certe caratteristiche: vedi Allegati D ed I del DLgs 152/2006. Ma dovremmo sapere che quei criteri sono abbastanza arbitrari. Un esempio: siamo sicure/i che certi valori di LD50 per un campione di ratti corrisponda alla effettività nocività per le persone ? Credo che si possa dire: no. E tralascio ogni discussione sulla validità di certe indagini epidemiologiche.
E, tenendo conto di quello che finisce nei cassonetti, siamo così sicure/i che certi rifiuti urbani siano meno pericolosi di quelli dichiarati ufficialmente pericolosi ?

Insomma credo dobbiamo riconoscere che ci muoviamo spesso in uno spazio di arbitraria necessità derivante dalla mancanza di certezze (e sarebbe l’ora che riconoscessimo di non essere onniscienti oltre che non essere onnipotenti).

Mia parziale conclusione:
a) i criteri di pericolosità sono tutt’altro che perfetti, ma costituiscono un accordo (che potrebbe sicuramente essere migliorato, ma che per ora è quello che siamo riusciti a concordare: certo, è nostro dovere migliorarlo, ma dobbiamo avanzare proposte concrete, discuterle e, se possibile, farle accettare alla maggioranza che decide)
b) non è corretto chiedere il blocco di una ricerca e di una sua possibile applicazione se prima non è stata “dimostrata” la sua non nocività: è giusto chiedere di valutarla, ma non si può chiedere di aspettare decenni
c) la pericolosità del SISTRI è stata ampiamente dimostrata; non c’è bisogno di aspettare decenni, va eliminato !

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Messaggio  Aurora Brancia Sab Mar 10, 2012 1:10 am

benassaisergio ha scritto:...

Insomma credo dobbiamo riconoscere che ci muoviamo spesso in uno spazio di arbitraria necessità derivante dalla mancanza di certezze (e sarebbe l’ora che riconoscessimo di non essere onniscienti oltre che non essere onnipotenti).

Mia parziale conclusione:
a) i criteri di pericolosità sono tutt’altro che perfetti, ma costituiscono un accordo (che potrebbe sicuramente essere migliorato, ma che per ora è quello che siamo riusciti a concordare: certo, è nostro dovere migliorarlo, ma dobbiamo avanzare proposte concrete, discuterle e, se possibile, farle accettare alla maggioranza che decide)
b) non è corretto chiedere il blocco di una ricerca e di una sua possibile applicazione se prima non è stata “dimostrata” la sua non nocività: è giusto chiedere di valutarla, ma non si può chiedere di aspettare decenni
c) la pericolosità del SISTRI è stata ampiamente dimostrata; non c’è bisogno di aspettare decenni, va eliminato !

a) L'arbitrarietà è un "male necessario" (ma sempre fino ad un certo punto) della convenzione sociale, proprio nel senso del "troviamo un accordo condiviso".
b) Io che di passione mia ogni tanto qualche ricerchetta pure me la sono permessa, sia pure sempre in ottica prevenzionale, figurati se posso mai chiedere ma anche solo pensare di "bloccare" una ricerca. Sono assolutamente contraria solo alle staminali embrionali, ma è una convinzione di tipo mio, morale o forse solo perchè sono una donna; mentre per tutte le staminali non embrionali ritengo che anzi occorrerebbe intensificare la loro raccolta e successivo utilizzo sperimentale.
Dico da sempre che se l'Uomo non potesse/dovesse sperimentare, stavamo ancora ad aspettare il fulmine per accendere il fuoco e ciò sarebbe la negazione stessa della diversità (non superiorità: solo diversità) della specie umana dalle altre specie viventi.
E quindi visto che di pasticciacci ne abbiamo già fatti abbastanza, pur nella coscienza che certo non sappiamo ancora tutto ma giustappunto come tu dici che almeno si valutino anche i potenziali fattori di nocività, sia pure in relazione alle conoscenze che adesso abbiamo. Poi, si fa la scelta, che può anche essere "ok, ho un fattore di ricaduta negativo ma lo ritengo meno rilevante del beneficio certo che ne ottengo"; veramente, io credo che tutto vada ormai impostato in questo modo, proprio perchè ormai sappiamo bene che è tutto interconesso ed interdipendente. Poi, magari appunto dopo 50 anni scopriamo (e senza ricerca non scopri niente, per definizione) che ce n'era un altro, di effetto negativo, ed allora ci si ripropone il quesito del rapporto costi/benefici alla luce della più nuova conoscenza, e appunto si rivaluta che cosa fare. Si va, si deve andare, sempre per tentativi, e solo dall'esperienza si impara. Ed è in base alle pregresse esperienze che si sceglie cosa fare, in genere: tutti e per tutto.

c) Ecco, prendi appunto il sistri: chi ha pensato di farlo di certo non l'ha fatto nè per complicare la vita degli operatori, nè per impedire di fatto per almeno ormai 2 anni la effettiva tracciabilità dei rifiuti, specie quelli che abbiamo deciso per convenzione di definire pericolosi. Credo nella mia prima affermazione anche perchè ritengo che il legislatore ignorasse che c'erano delle persone che ci avrebbero dovuto lavorare, se no almeno qualche loro associazione di categoria, rappresentanza, sindacato avrebbero dovuto sentirla; se li ignorava, non poteva avercela con loro. E credo nella seconda (molto di meno, però) perchè hanno sempre detto e tuttora strillano che anzi volevano tracciarli... Io un'idea di quale fosse il vero scopo del sistri ormai me la sono fatta, ma di certo non erano le due che ho appena esposte. Tuttavia, adesso i fatti ci dimostrano senza dubbio che questi inconvenienti ci sono e sono evidenti ed allo stato non correggibili. Dunque, anche in un regime di compiuta, regolare "convenzione sociale" il sistri va dismesso perchè l'effetto nefasto è maggiore dell'effetto positivo. Fosse solo perchè non c'è un effetto positivo: ed anche 1 x 10^-9 è più di 0.
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